15) Meteorologia dinamica – il problema dell’attrito

Meteorologia dinamica – il problema dell’attrito

di Claudio Giulianelli

Villa San Giovanni in Tuscia (VT), 31 Marzo 2021 – Siamo quasi al termine di questo ciclo di articoli dedicato alla meteorologia dinamica. Fra le poche cose rimaste da vedere c’è l’attrito. Nella trattazione fin qui fatta non abbiamo mai considerato l’attrito, tanto che nei due articoli precedenti avevamo sfruttato la conservazione dell’energia. Per una rappresentazione realistica della realtà bisogna comunque tener conto degli effetti dissipativi in quanto nessuna depressione vive in eterno.

Come dissipare un vortice sulla scala sinottica? Sicuramente dobbiamo escludere l’effetto dato dalla turbolenza del moto dell’aria. La raffica per esempio è un modo che ha l’aria di dissipare energia, ma dato che parliamo di scale enormi questo effetto è decisamente trascurabile, o comunque si dimostra che la sola turbolenza dell’aria impiegherebbe 100 giorni a dissipare una normale depressione!
Come avevamo anticipato nell’articolo precedente questa dissipazione può essere cercata nell’attrito dell’aria col suolo. Vediamo cosa succede nei piani bassi dell’atmosfera, la situazione è la seguente:
ad un dato tempo, in libera atmosfera abbiamo un certo vento. Se al suolo abbiamo attrito, questo vento dovrà diminuire scendendo di quota. Ma se il vento che avevamo in libera atmosfera ad un dato istante era quello geostrofico, l’equilibrio geostrofico viene perso! Il che vuol dire che cambiano le equazioni della dinamica (le equazioni del moto o navier-stokes).
L’equilibrio geostrofico era l’equilibrio tra la forza di Coriolis e il gradiente di pressione. Stavolta all’appello non possono mancare le forze di attrito! Le equazioni ora sono dunque le seguenti
Immagine
I primi due termini di queste equazioni rappresentano l’equilibrio geostrofico, i termini dissipativi che avevamo trascurato ora li abbiamo rimessi nell’equilibrio. K è un coefficiente di attrito dell’aria con gli ostacoli quali alberi e case. Risolveremo queste equazioni in appendice in quanto risolverle non è la cosa più importante. Piuttosto ci interessa le implicazioni che ha la sua soluzione analitica che riportiamo qua sotto:
Immagine
Cominciamo col notare che per z grande l’esponenziale diventa molto piccolo e il termine col coseno trascurabile. In sostanza per z abbastanza grande torneremo ad avere un vento puramente geostrofico. Se z si fa piccolo l’esponenziale si attiva, vuol dire che la velocità inizialmente geostrofica tende a diminuire di intensità fino ad annullarsi al bordo (per z=0 l’esponenziale fa 1 e il coseno a 0 anche, dunque U=0) e notiamo anche che essendoci un fattore coseno funzione della quota, questo vento cambierà anche di direzione.
Il fattore gamma è pari ad 1/300, e dunque con z=1000 metri l’equilibrio geostrofico è stato praticamente ripristinato. Da notare inoltre che per z=0 entrambe le componenti valgono 0, vuol dire che sollevandosi da terra i primi metri, le due componenti del vento saranno ancora circa uguali di intensità (primi 100 metri specialmente). Nel ricavare questa soluzione abbiamo ipotizzato un vento geostrofico diretto solo lungo x. Il fatto che, scendendo di quota dalla zona geostrofica, emerga una componente del vento perpendicolare al vento geostrofico, vuol dire che il vento ora presente a questa quota va a tagliare le isobare, e dunque in sostanza a convergere verso il centro di una bassa pressione o a divergere dal centro di un’alta pressione. Avevamo detto nei primi articoli che in libera atmosfera il vento geostrofico segue le isobare, è in ogni punto tangente all’isobara. Se immaginiamo l’isobara diretta lungo l’asse x, il vento geostrofico è diretto lungo l’asse x. Dovete immaginare che se ci si abbassa con la quota sotto i mille metri dal suolo, il vento si indebolisce e comincia anche ad avere una componente perpendicolare all’isobara.

Focalizziamoci sul concetto di convergenza, considerazioni de tutto analoghe per la divergenza: se il vento converge al suolo sotto un minimo di pressione, l’aria sarà costretta poi a risalire verso l’alto per conservazione della massa e per il fatto che non può penetrare la superficie.
Il vento geostrofico varia principalmente salendo di latitudine come testimoniavano le mappe viste nell’articolo 13 sul ciclo di Lorentz, quindi scriviamo l’equazione di continuità tenendo presente che nelle soluzioni sopra trovate Ugx ha solo dipendenza da y, non da x, quindi il termine di derivata in x dell’equazione di continuità si cancella
Immagine
Da questa equazione si vede che esistono delle velocità verticali come avevamo appena dedotto, possono essere calcolate integrando in z questa espressione
Immagine
Integriamo tra 0 e d dove d è l’altezza da terra alla quale si torna alla geostrofia.
La derivata del vento geostrofico in y non dipende da z, mentre l’integrale di tutto il resto fa 1/2. Notiamo che la derivata in y del vento geostrofico lungo x col segno meno davanti è proprio la vorticità, infatti
Immagine
ricordando che la derivata in x è nulla nel nostro caso. Abbiamo fatto una scoperta importante: l’attrito è sorgente di vorticità. Possiamo inserire questa sorgente di vorticità dentro l’equazione della vorticità
Immagine
dove il membro di sinistra (dinamica che guida l’evoluzione della vorticità) ha come sorgente di vorticità le velocità verticali (membro di destra). Possiamo dunque integrare questa equazione come fatto per quella di continuità e poi sostituire qua dentro il risultato dell’integrazione precedentemente ottenuto
Immagine
con H altezza della troposfera.
Considerando che H è molto maggiore di d e assumendo velocità verticale nulla al bordo (w(H)=0), abbiamo
Immagine
dove U_g qui è un vettore di componenti (u_g, v_g), non è la sola componente x.
Al membro di destra abbiamo alcuni fattori che moltiplicano la vorticità relativa indotta dall’attrito. Quei fattori dimensionalmente devono avere le dimensioni di un tempo, in quanto la vorticità è l’inverso di un tempo e tutto deve essere adimensionale. Mettendo dentro dei numeri (f0 è 3*10^-4, gamma 1/200, H=10mila metri) viene che questo tempo è 6 *10 alla 5 secondi, ossia circa 6 giorni, che è un tempo compatibile con quello di colmamento di una bassa pressione.
Nel prossimo articolo vedremo qualcosa sulla circolazione tropicale, anch’essa fin ora trascurata: la cella di Hadley

APPENDICE
Avevamo introdotto le due equazioni differenziali da risolvere. Anzitutto notiamo che è possibile sostituire i termini di gradiente di pressione tramite l’equilibrio geostrofico, ed otteniamo la seguente situazione
Immagine
Queste due equazioni così scritte contengono troppe variabili: U,V Ug, Vg, 4 variabili e due equazioni. Ma niente paura, infatti Ug e Vg altro non sono che la condizione al bordo del nostro problema, ossia il vento a cui ci si deve ricondurre salendo di quota da terra. Per toglierci il problema della presenza di Ug e Vg, facciamo un cambio di variabili:
Immagine
Le nuove variabili complesse introdotte ci permettono di scrivere le due equazioni in funzione del vento geostrofico e di quello di attrito e di sommare le due equazioni:
Immagine
Raccogliendo i primi due termini e definendo una nuova variabile D come Q-Qg, la nostra equazione diventa
Immagine
Dentro la derivata seconda alla Q è stata sostituita D in quanto la derivata in z di Qg è nulla nel nostro problema, essendo il vento geostrofico solo una condizione al bordo e dunque una costante.
Ci troviamo di fronte ad una equazione differenziale lineare del secondo ordine, facilmente risolvibile analiticamente! Per questo genere di equazioni si dimostra che la soluzione generale è una somma di esponenziali di questo tipo
Immagine
noi non dobbiamo fare altro che determinare le costanti di questa soluzione generale. Dobbiamo determinare alfa, A e B.
Per determinare alfa, dobbiamo prendere la soluzione generale e metterla dentro l’equazione. Dato che deve soddisfare l’uguaglianza, la relazione che otterremo ci permetterà di ricavare alfa, Una volta fatta la derivata seconda in z della soluzione generale ecco quello che otteniamo:
Immagine
relazione facilmente invertibile per ricavare alfa:
Immagine
Ora c’è solo un passaggio tecnicamente un po’ più complicato, la radice di un numero complesso: per fare la radice di i, possiamo pensare ad i sul piano di Gauss. i è un numero che ha parte reale nulla e modulo 1, si trova dunque sull’asse y, quello immaginario. Vogliamo scriverlo come esponenziale secondo la formula di eulero, quindi nella forma e^(i*fi), con fi fase associata al nostro numero complesso. Quale è la fase di i? i si trova sull’asse y, la fase altro non è che l’angolo contato a partire dall’asse x e spazzando l’angolo in senso antiorario fino a che non si trova il nostro numero. Partendo dall’asse x, vediamo che l’angolo spazzato sul piano è di 90 gradi dato che i come abbiamo appena detto si trova sull’asse y. Dunque la sua fase è la metà di pi greco. Andiamo dunque a fare la radice di e^(i*pigreco/2) e i passaggi sono dunque i seguenti
Immagine
Dove nell’ultimo passaggio, dopo aver fatto la radice, abbiamo riportato l’esponenziale complesso nella forma algebrica. I valori di alfa sono dunque
Immagine
Andiamo ad inserire questi due valori trovati dentro la soluzione generale, ed otteniamo
Immagine
Ora possiamo notare che il termine esponenziale con A davanti ha un problema: infatti se z cresce (quindi saliamo di quota), il campo di vento dovuto all’attrito cresce, in sostanza più saliamo di quota più s sente l’attrito. Non ha senso una soluzione del genere, quindi poniamo A=0.
Ora riportiamo la soluzione dal campo complesso a quello reale, perché con un esponenziale complesso non riusciamo a farci molto di più che dei semplici conti:
Immagine
Nel riportare l’equazione dalla variabile Q alle variabili U e V, dobbiamo ricordarci che Q era definito complesso e la sua parte reale ci restituisce l’equazione per U e quella immaginaria l’equazione per V. Nel secondo passaggio abbiamo usato il fatto che sen(-x)= -sen(x) mentre cos(-x)=cos(x)
Bene, abbiamo quasi finito. Rimane da determinare B. Anzitutto per semplificare il problema poniamo il nostro sistema di riferimento in modo tale che l’asse x sia orientato come il vento geostrofico, dunque diremo che al componente y del vento geostrofico è nulla, Vg=0. Infine imponiamo la condizione al bordo del nostro problema al suolo, dove infatti U=V=0 a z=0. Sostituendo questi numeri dentro le due equazioni sopra, da quella per V otteniamo 0=0, dalla prima otteniamo 0=Ug+B e dunque B=-Ug. La soluzione finale è dunque quella inizialmente data
Immagine