22) Meteorologia dinamica: interazione Troposfera-Stratosfera

di Claudio Giulianelli

In questo articolo della rubrica di meteorologia dinamica in cui andiamo a trattare l’ultimo argomento, vediamo alcuni aspetti della propagazione verticale delle onde di Rossby. L’argomento è molto seguito da chi in inverno segue le vicende stratosferiche per vedere se c’è la possibilità che si vengano a determinare i cosiddetti fenomeni di SSW, Sudden StratWarming, letteralmente riscaldamenti stratosferici intensi, in grado di condizionare per mesi il tempo troposferico portando frequenti ondate di freddo e maltempo.
Gli SSW spesso si inquadrano in un fenomeno denominato TST event, ossia Tropospheric-Stratospheric-Troposperic event. Può accadere infatti che le onde di Rossby che vediamo comunemente in troposfera (responsabili dell’alternanza di ondate di caldo e di freddo), possano anche propagarsi in verticale. Questa è la fase TS dell’evento, cioè di propagazione dell’onda dalla Troposfera alla Stratosfera, ed è di questa che ci occuperemo in questo articolo, per la quale si possono fare delle considerazioni analitiche e dare dunque dei criteri per capire se un TST event può partire. Per la fase di ST abbiamo la propagazione dell’anomalia stratosferica alla troposferica, e alla fine capiremo perchè avviene questa fase dell’evento.

Il punto di partenza: le onde di Rossby troposferiche. Abbiamo già visto in un articolo alcune prime proprietà delle onde di Rossby del flusso medio zonale nell’articolo 17. Abbiamo linearizzato l’equazione quasi geostrofica del vento zonale, ossia abbiamo detto che il vento in atmosfera è tipicamente zonale con delle piccole perturbazioni a disturbare questo suo stato medio. In realtà in atmosfera il vento zonale medio è una funzione della latitudine: il vento zonale è nullo alle latitudini subtropicali e poi aumenta salendo di latitudine fino ad un massimo alle medie ed alte latitudini, per poi diminuire ed invertirsi in zona polare. Stessa cosa a latitudini minori di quelle subtropicali, il vento si inverte e si fa orientale. La funzione che descrive l’andamento del vento medio zonale in funzione della latitudine è del tutto analoga a quella della vorticità relativa graficata nella prima figura dell’articolo 9. Il vento zonale medio è funzione anche della quota, sappiamo infatti come ad esempio la corrente a getto sia un vento termico ossia una variazione del vento con la quota, come visto nei primi articoli. Tipicamente in atmosfera il vento cresce salendo di quota.

Dire che il vento zonale è funzione della latitudine introduce tutta un’altra serie di fenomeni relativamente alle onde di Rossby che non andremo ad approfondire in questa rubrica, ma che ritroviamo in maniera del tutto analoga studiando la propagazione verticale di tali onde del flusso medio zonale usando il fatto che il vento zonale medio cresca con la quota (quindi u è una u(z)). La stessa fenomenologia è dunque estendibile al caso di variazione di u con la latitudine.

Riprendiamo l’equazione della vorticità potenziale con questa considerazione. Anche per tale variabile atmosferica avevamo fatto la considerazione che essa principalmente aumenta salendo di latitudine e tutte le altre variazioni sono perturbative rispetto a questa condizione media. L’equazione è la seguente, già vista nell’articolo 20 sugli Ep-flux:

SViN0No

L’equazione linearizzata della vorticità può essere scritta in termini di linea di flusso, ricordando sempre quanto visto nell’articolo sulla vorticità. E in particolare, come ogni volta che si deve risolvere un’equazione differenziale alle derivate parziali, per risolverla si fa l’ipotesi sulla forma funzionale della sua soluzione con costanti arbitrarie da determinare, inserendo tale ipotesi nell’equazione. Ipotizziamo quindi per la linea di flusso la forma seguente

rgNl3qs

che è una funzione ondulatoria, ossia la soluzione che stiamo cercando che ci rappresenta le onde di Rossby. Nella soluzione ipotizziamo, come potete notare, che l’onda di Rossby viva sul piano, quindi estesa per meridiani (numero d’onda k) e paralleli (numero d’onda l) , e si possa propagare nel tempo lungo i paralleli (kct). Ma soprattutto da notare che ipotizziamo che l’ampiezza dell’onda dipenda dalla quota (data da psi(z)).
Senza svolgere tutti i passaggi, istruttivi ma poco utili, troviamo un’altra equazione per la determinazione di uno dei parametri da determinare, ossia l’ampiezza dell’onda, l’equazione è la seguente

vEB9Ry2

con K^2=k^2+l^2.
Semplifichiamo ulteriormente tale equazione, definendo la funzione

VCU43Sn

con cui in sostanza cerchiamo non il valore della linea di flusso, ma il suo valore tenendo conto del fatto che tale variabile ha una naturale decrescita con la quota dovuta alla caduta esponenziale della densità dell’aria, come testimoniato dai passaggi sopra.
L’equazione per l’ampiezza delle linee di flusso diventa

jtbSwOx

che è una tipica equazione delle onde, che ci permette di calcolare fi. Anche per l’ampiezza della linea di flusso abbiamo trovato una soluzione oscillante che è

ajYyrVd

quindi la soluzione ipotizzata inizialmente diventa

pwaIvLu

La soluzione trovata all’equazione della vorticità linearizzata è quella di un’onda di Rossby tridimensionale. Come si può notare dall’esponenziale infatti ritroviamo 3 numeri d’onda, uno ciascuno per le 3 variabili x y e z dello spazio, con l’aggiunta del pezzo kct che ci dice che abbiamo un’onda 3D che si propaga spostandosi est-ovest o viceversa, e l’ampiezza dell’onda aumenta esponenzialmente con la quota! Questa proprietà, come visto nei passaggi sopra, era venuta fuori per la diminuzione della densità dell’aria.
Ma vediamo altre caratteristiche ancora più importanti delle onde di Rossby 3D, focalizzandoci sulla loro parte verticale.
Tornando all’equazione per fi, tale equazione ha effettivamente un’onda come soluzione solo se il parametro m alla seconda è positivo. Se è negativo la soluzione decade esponenzialmente, l’ampiezza dell’onda di Rossby va rapidamente a zero salendo di quota. Per poter esistere una componente verticale dell’onda di Rossby dobbiamo dunque richiedere che m alla seconda sia maggiore di zero. Abbiamo definito m sopra. Da notare che quei parametri sono tutti costanti, ad eccezione di u medio che è una funzione della quota.

Ecco che si crea una complicazione nella fenomenologia delle Rossby rispetto al caso studiato in cui il vento zonale medio era anch’esso un parametro costante. Il fatto che u sia una funzione della quota non ci assicura che m alla seconda sia sempre positivo. Imponendo la diseguaglianza per m alla seconda troviamo una condizione per u affinchè l’onda esista:

zNCNWCb

Mettiamoci per semplicità nella condizione che le Rossby siano stazionarie, ossia c=0. Tale condizione è nota come condizione di Charney-Drazin, e ci sta dicendo che una Rossby del flusso zonale medio troposferico ha anche una componente verticale se e solo se il vento zonale medio ha le seguenti proprietà:

– il vento zonale soffia da ovest verso est. Infatti i parametri a denominatore sono entrambi al quadrato, beta è positivo perchè come abbiamo visto ad inizio rubrica la forza di Coriolis aumenta con la latitudine e dunque u, che deve essere compreso tra 0 e tale parametro, deve necessariamente essere positivo. Una Rossby non potrà mai propagarsi verso l’alto, verso la stratosfera, se il vento zonale medio è invertito, ossia soffia da est verso ovest.
– il parametro K alla seconda è la somma dei quadrati dei numeri d’onda in x e y, ossia K^2= k^2+l^2. Notiamo che se il numero d’onda cresce, ossia aumentano k ed l, la condizione di esistenza per il vento zonale medio è sempre più stringente. Vuol dire che tanto più è grande il numero d’onda in x e y associato ad una Rossby, tanto più difficile sarà la loro propagazione verticale. Ma aumentare i numeri d’onda vuol dire diminuire la lunghezza d’onda. Tanto più le onde sono corte, tanto più rischiano di trovarsi nella condizione in cui m alla seconda è negativo e dunque la loro ampiezza decade esponenzialmente con la quota. Le onde corte rimangono intrappolate in troposfera e non si propagano in verticale. Vedremo poi con esempi sulle carte come appaiono le onde con K grande.
– Il fatto che le onde corte rimangano intrappolate in troposfera come detto appena sopra unitamente, a quanto visto nella soluzione generale tridimensionale delle onde di Rossby, al fatto che l’ampiezza cresca esponenzialmente con la quota, fa si che se si vada a guardare delle mappe meteo a quote sempre più alte tendano a scomparire tutte le miriadi di ondulazioni del flusso zonale medio che vediamo tipicamente in una carta sinottica. Osserviamo solo poche e molto grandi onde nella circolazione atmosferica. Vedremo questo da mappe sia in sezione verticale che del geopotenziale alle varie quote.
-A causa del fatto che il polo stratosferico è più caldo dell’equatore stratosferico, in estate il vento zonale medio stratosferico si inverte, da est verso ovest. Quindi in estate se parte un’onda di Rossby troposferica e si propaga verso la Stratosfera, troverà un vento zonale medio negativo e la condizione di Charney-Drazin verrà violata, dunque l’onda cesserà di esistere ad una certa quota, rompendosi. La deposizione di momento westerly che ne consegue fa si che il vento zonale medio venga continuamente frenato, e dunque che risulti più debole in estate che in inverno. La condizione di Charney-Drazin talvolta viene violata anche in inverno quando il vento zonale medio è troppo forte, allora tutte le onde rimangono intrappolate in troposfera, in tal caso non si rompono ma vengono riflesse a tale quota e tornano in troposfera.
– Grazie ad interazioni topografiche, il nord emisfero genera onde lunghe (K più grande) più facilmente del sud emisfero. Quindi ci sono maggiori possibilità di soddisfare la condizione di Charney-Drazin e di vedere onde di Rossby propagarsi in Stratosfera, con conseguente maggior rinforzo della circolazione di Brewer-Dobson nel nord emisfero rispetto a quello australe.
– Scriviamo la relazione di dispersione della soluzione completa (la frequenza dell’onda) e la velocità di gruppo, soltanto per la componente z della Rossby

Tv6QVyB

per assicurarci che l’onda esista la frequenza dell’onda (omega) deve essere positiva.
Siccome nella prima relazione scritta sopra, la relazione di dispersione, il primo termine solitamente è minore del secondo, dobbiamo richiedere che k sia negativo, infatti a denominatore abbiamo una somma di quantità al quadrato e quindi positive ed anche beta è positivo. Se andiamo a vedere l’espressione per la velocità di gruppo, l’onda si propagherà verso l’alto se tale parametro sarà positivo. Ma se k deve necessariamente essere negativo per poter esistere l’onda, allora anche m deve essere negativo per un’onda che propaga la sua energia dal basso verso l’alto perchè tutti gli altri parametri sono definiti positivi o una somma di quadrati. Questo vuol dire che in un’onda di Rossby che si propaga verticalmente dalla Troposfera verso la Stratosfera la velocità di fase dell’onda si propaga verso ovest (k negativo) e verso il basso (m negativo)

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da Vallis fig. 16.2 p. 602

-una proprietà molto importante ci viene dalla descrizione delle onde di Rossby tramite l’equazione per la temperatura potenziale. Analogamente a quanto abbiamo fatto per la vorticità potenziale, anche per la temperatura potenziale si può cercare una soluzione oscillatoria , quindi un’onda di Rossby vista nel campo di temperatura invece che della vorticità potenziale, e dunque vedere dal punto di vista della temperatura che condizioni deve soddisfare l’onda per propagarsi verticalmente. L’equazione per la temperatura ci fornisce anche l’equazione per l’energia, che ci dice la seguente importante informazione (tralasciamo tutti i passaggi per arrivare sin qui):

6G50eDp

In un’onda di Rossby il trasporto verticale di energia (rappresentato dal prodotto psi*w) è direttamente proporzionale all’intensità del vento medio zonale e del flusso di calore lungo i meridiani. In particolare notiamo che la Rossby porta energia verso la Stratosfera (quindi verso l’alto, psi*w positivo) se il vento zonale medio è positivo, ossia da ovest verso est, e se il flusso di calore è positivo, ossia c’è trasporto di calore verso il polo. E tanto più queste due quantità saranno elevate, tanto più intenso sarà il trasporto di energia verso la stratosfera. Inoltre, se vediamo che il vento zonale medio è nullo o l’onda di Rossby non trasporta aria calda verso nord, allora non ci sarà trasporto verticale di energia. Viceversa, se un’onda non è in condizione di propagarsi verticalmente, allora l’aria calda in troposfera non viene portata verso nord o il vento zonale medio è nullo.

Può succedere naturalmente che un’onda di Rossby nata in una zona che rispetti la condizione di Charney-Drazin, venga a sconfinare in un’altra dove la condizione è violata: ci sono due situazioni possibili, vediamo di capire cosa succede.
Matematicamente, ci stiamo chiedendo cosa accade ai limiti del vento zonale medio imposti dalla condizione di Charney-Drazin, per semplicità facciamo sempre riferimento alla condizione di onda stazionaria, quindi c=0.
-Caso dell’onda di Rossby che sale di quota e si viene a trovare in una condizione ambientale di vento zonale medio sempre più forte. Allora come possiamo vedere m quadro diminuisce con la quota, ci sarà sicuramente una quota dunque alla quale varrà zero e poi passa in negativo. Tale situazione coincide con l’avvicinamento e il raggiungimento del vento zonale medio al limite superiore nella condizione di Charney-Drazin. Guardando alla definizione di m quadro, se u vale

EOzGmzL

m quadro vale zero, e salendo ancora di quota passa in negativo. Abbiamo detto che con m quadro negativo l’onda non esiste più. L’altitudine alla quale m quadro vale zero si chiama altitudine di ritorno. A tale altezza l’onda viene riflessa, come se tale quota rappresentasse un muro che le onde non riescono ad oltrepassare
-Può accadere anche che salendo di quota il vento zonale medio diminuisca e vada a 0. Si vede allora che m quadro va ad infinito e si va verso il limite inferiore della condizione di Charney-Drazin: in questo caso l’onda si rompe a tale quota, depositando momento westerly (ossia frenando il vento zonale) e tale altitudine prende il nome di “altitudine critica”.

Abbiamo accennato inizialmente che la stessa fenomenologia si presenta per la componente bidimensionale dell’onda di Rossby che ad una data quota vive distesa sui meridiani e paralleli, immersa in un vento zonale medio che cambia con la latitudine. Anche in questo caso ritroviamo le latitudini critiche e le latitudini di ritorno, la latitudine critica per eccellenza è il tropico dove il vento zonale medio si annulla e poi si inverte scendendo nella zona intertropicale. Le onde di Rossby che nascono alle medie latitudini si muovono verso l’Equatore, attraversano la latitudine critica e si rompono. Tale meccanismo sostiene la corrente a getto.

Se si calcolano le componenti della velocità di gruppo, si notano comportamenti opposti nei due casi: in prossimità di una altitudine critica la velocità di gruppo va a zero. Nella realtà si osserva tuttavia una diminuzione di intensità della stessa senza annullarsi in prossimità di essa. Ricordandoci che un’onda si muove secondo la sua velocità di gruppo, questo vuol dire dunque che le Rossby possono raggiungere l’altitudine critica e rompersi. Nell’altro caso invece la componente verticale della velocità di gruppo va a zero, mentre aumenta quella latitudinale alla quota dell’altitudine di ritorno. Vuol dire che un’onda che si porta verso l’alto, verso l’altitudine di ritorno, comincia a deviare latitudinalmente, ossia viaggia lungo i meridiani all’altitudine di ritorno, e poi ritorna verso le basse quote. In sostanza una riflessione.
Sotto abbiamo raffigurato il campo vettoriale calcolato della velocità di gruppo a sinistra (per l’altitudine di ritorno sopra e per quella critica sotto), ampiezza energia e m quadro a destra (per l’altitudine di ritorno sopra e per quella critica sotto), che rendono più chiaro quanto appena descritto.

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figure 16.9 e 16.10 da Vallis p.608

è interessante notare che per l’altitudine di ritorno abbiamo che m quadro va a 0 e dunque m=0. Dalla velocità di gruppo verticale ricavata precedentemente, vediamo che questa dipende da m, se m va a zero anche l’onda smette di propagarsi verticalmente. E dovremmo dire… meno male, perchè se il numero d’onda verticale m va a zero, la lunghezza d’onda va ad infinito e anche l’ampiezza dell’onda, che va come m alla -1/2, dunque anche la sua energia va ad infinito. Questo lo si vede anche dai grafici di destra sopra, nel caso della critical altitude l’ampiezza dell’onda rimane finita, nel caso della turning altitude l’ampiezza cresce molto velocemente in prossimità di essa. Naturalmente non è fisicamente accettabile che un’onda possa avere energia infinita, ma questa previsione della teoria non rappresenta un problema perchè l’altitudine di ritorno non può essere superata annullandosi la componente verticale della velocità di gruppo a tale quota.

Facciamo notare anche che le rappresentazioni sopra dei campi calcolati di velocità di gruppo, sono delle rappresentazioni del campo vettoriale dell’EP flux, infatti nell’articolo sugli Eliassen-Palm abbiamo visto che F=c_g*A, con A attività d’onda, ossia il vettore F dell’EP flux altro non è un trasporto di attività d’onda, dove l’attività d’onda è una quantità che viene trasportata dalle onde di Rossby, e in particolare dalla loro velocità di gruppo. Dato che in tale relazione A è una quantità scalare, la direzione della velocità di gruppo è la stessa del vettore F, quindi dell’EP flux.
In genere sul web si trovano mappe degli EP flux, come visto nell’articolo su di essi. Notare questo fatto è importante perchè vedere dove puntano le frecce degli EP flux è come vedere dove si le onde di ROssby stanno portando la loro energia, ossia la velocità di gruppo. Sono gli stessi vettori, a meno di una banale costante che è l’attività d’onda.

Nel prossimo articolo menzioneremo alcuni impatti di quanto visto in questo articolo sulla circolazione stratosferica, in particolare descriveremo i TST event di cui si accennava ad inizio articolo e ne vedremo poi degli esempi dei passati inverni.