6) Meteorologia dinamica – Equazioni primitive

Meteorologia dinamica – Equazioni primitive

di Claudio Giulianelli

Villa San Giovanni in Tuscia (VT), 1° Giugno 2020

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Ci eravamo lasciati con questa equazione quando avevamo introdotto il vento geostrofico. Da qui avevamo fatto l’approssimazione di mandare a zero tutto il membro di sinistra dell’equazione. Avevamo anche osservato che ciò significava dire che non c’è evoluzione temporale delle condizioni meteo in atmosfera, cosa che sappiamo essere non vera. Il vento geostrofico è verificato ad un tempo fissato, il vento realmente presente in atmosfera però è la somma di due contributi: quello geostrofico e quello dettato dall’evoluzione temporale delle figure bariche. Torniamo dunque alle equazioni sopra ricavate e cerchiamo di fare ulteriori semplificazioni ancora molto ben verificate in atmosfera secondo quanto fatto nei primi due articoli introduttivi, facciamo ulteriori approssimazioni a queste equazioni che siano meno drastiche di quelle che hanno portato al vento geostrofico. Infine cercheremo di capire cosa detta l’evoluzione delle condizioni meteo (ossia perchè il membro di sinistra non può essere trascurato).

Faremo ora un’importante considerazione: la densità dell’aria in atmosfera è principalmente una funzione della quota, con decrescita esponenziale dai circa 1.22 kg/m^3 a quasi 0 oltre la Stratosfera. Sappiamo che vi possono essere discrete variazioni di densità anche al suolo tra varie zone della Terra, basta pensare all’anticiclone termico russo-siberiano, la cui formazione è dovuta all’accumulo di aria gelida al suolo molto densa, mentre sui deserti per via del forte riscaldamento del suolo l’aria è più rarefatta di quella a cui siamo abituati e la pressione è generalmente più bassa per via di un’aria poco densa. Per avere un’idea degli ordini di grandezza delle variazioni di densità al suolo si può pensare come questo si traduce in termini di pressione, un anticiclone termico raggiunge i 1050 hpa e il deserto circa 1000, variazioni di pressione di 50 hpa dovute ad un effetto di densità dell’aria. In atmosfera, sulla verticale, basta arrivare a 5500 metri e ci sono ben 500 hpa in meno! Questo vuol dire che ha senso approssimare la densità, funzione di x, y, z, t come sola funzione della quota z e costante in x, y, t. Questo ha delle immediate conseguenze sull’equazione di continuità che riportiamo qua sotto:
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Per quanto abbiamo detto, il termine di derivata temporale è nullo essendo la derivata di una costante. Nel secondo e terzo termine esce fuori la densità dalla derivata del vento in x e y.
Ora osserviamo anche che coerentemente con quanto detto precedentemente sulle velocità verticali, queste sono molto piccole (avevamo detto infatti che le velocità verticali misurate in atmosfera sono dell’ordine dei cm/s al di fuori delle nubi a sviluppo verticale), possiamo immaginare di poter trascurare la Vz e dunque mandiamo a zero anche il termine di derivata in z . Abbiamo fatto le semplificazioni annunciate ad inizio articolo e abbiamo trovato la condizione di divergenza nulla per il vento in atmosfera:
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Che significato ha il risultato appena trovato? Potete trovare sul sito nella sezione articoli, un articolo sul perchè una nube prosegue quasi indisturbata il suo moto nel cielo percorrendo decine di km, se non centinaia o persino migliaia.

Il moto che osserviamo di una nube è un moto ordinato di particelle, ossia, tradotto matematicamente, un moto a divergenza nulla, su scale temporali dell’ordine dell’ora o meno per le nubi basse.

In realtà alle basse quote, a parte moti atmosferici locali come appunto una nube in cielo, la circolazione atmosferica non è a divergenza nulla a causa dell’attrito (dato dall’urto del vento con gli ostacoli come le case e gli alberi), come vedremo alla fine di questi articoli, e le considerazioni appena fatte non valgono più.
La circolazione atmosferica però, che è quella di cui ci occupiamo ora, sopra i 500 hpa è invece in buona approssimazione a divergenza nulla, come testimoniano appunto le stratificazioni e i cirri, in grado di viaggiare per giorni attraverso migliaia di km (ma anche per quanto osservato in una nota a fine articolo).
Sembrerebbe dunque che le approssimazioni fatte sull’equazione di continuità siano corrette, sulla base di quanto osserviamo. Sottolineiamo che div_H (V_H)=0 è un’equazione che abbiamo ottenuto tramite approssimazioni, sulla base di alcune osservazioni naturali e matematiche.
è corretto tale risultato?
Invece di imporre noi che la divergenza del vento sul piano è nulla, verifichiamo che questa ipotesi sia valida per le equazioni del vento geostrofico: le abbiamo già ricavate, facciamone la divergenza, ricordandoci che il parametro di Coriolis f è proporzionale al seno della latitudine, e tale angolo è proporzionale a y/R dove R è il raggio terrestre. Dunque la derivata in y del parametro di Coriolis sarà non nulla, f non è una costante
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La divergenza del vento geostrofico viene non nulla a causa del parametro di Coriolis! Siamo quindi in una situazione in cui l’esperienza ci porta a dire che la divergenza del vento in alta atmosfera è nulla, ma la matematica ci dice che non lo è. In generale è vero che l’intuito può portare ad errore, mentre la matematica no. Ma è anche vero che stiamo facendo fisica e quello che si scopre è che la divergenza del vento in quota c’è ma è effettivamente molto piccola. Dobbiamo tornare all’equazione di continuità e cercare almeno un termine che ci renda la divergenza non nulla. Per quanto riguarda la variazione temporale della densità, è decisamente trascurabile, come si evince da misure meteorologiche, quindi l’unico termine che può realisticamente rendere non nulla la divergenza del vento sul piano sono le accelerazioni verticali, che prima abbiamo detto essere trascurabili e invece dobbiamo tenercele,non c’è scelta. Dunque abbiamo
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Col calcolo della divergenza delle equazioni del vento geostrofico abbiamo visto che questa è, in generale, non nulla. Dall’equazione di continuità risulta che la sorgente di divergenza sono le accelerazioni verticali (equazione sopra). Avevamo visto che le velocità verticali su larga scala sono dell’ordine dei cm/s, quindi questo termine sorgente di divergenza è davvero piccolo! Piccolo, ma non possiamo buttarlo via. Questa osservazione non ci dice come vento verticale e divergenza sono collegati, lo scopriremo nel prossimo articolo sulla vorticità.

Per ora ci teniamo dunque il pezzo di derivata in z del prodotto di densità e velocità verticale nell’equazione di continuità, ed otteniamo il seguente set di equazioni noto come “equazioni primitive”. Quanto fatto nei primi due articoli introduttivi e in questo è il massimo delle semplificazioni che possiamo fare senza commettere errori degni di nota nella descrizione dell’atmosfera.
Le Navier-Stokes per l’atmosfera avevano il prodotto vettoriale tra omega (velocità angolare di rotazione terrestre) e il vento sul piano V_H, il cosiddetto termine di Coriolis, l’ultimo dell’equazione scritta ad inizio articolo.
Riscriviamolo nel seguente modo per metterlo nelle primitive:
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Queste sono le equazioni risolte dai più potenti supercomputer del mondo, quelle risolte dai modelli globali (ECMWF e GFS)
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Alla velocità sono stati omessi il pedice H e il simbolo di vettore sottintendendo che V è il vento sul piano x,y.

Possiamo ora rispondere alla domanda del perchè si ha evoluzione temporale delle figure bariche, e dunque perchè il tempo atmosferico cambia.
Quanto espresso nella nota sembra una prova piuttosto convincente del fatto che il vento in atmosfera sia a divergenza nulla, ossia minimi e massimi di pressione non risucchiano/allontanano aria, eppure abbiamo calcolato la divergenza del vento geostrofico e abbiamo visto che deve essere non nulla. Come si può risolvere questo enigma? l’unica opzione possibile rimanente è che non vedrete mai i vortici risucchiare aria, per l’appunto, se fissate il tempo…. Sembra un enigma quasi filosofico, ma la risposta è stata appena data. Quando guardate delle carte meteo della sinottica, guardate una fotografia, state fermando il tempo. Ad ogni tempo fissato la divergenza del vento geostrofico è nulla. Dunque se volete avere un’atmosfera con divergenza non nulla dovete guardare la “variazione allo scorrere del tempo”: tradotto, il divenire del tempo atmosferico. Non riuscirete mai a vedere i vortici depressionari risucchiare aria verso il centro, piuttosto tipico infatti è il classico “occhio del ciclone”, che sta a significare che il vento sta ruotando attorno al minimo, e non che sta andando verso il minimo. Questo della convergenza del vento verso il minimo di pressione è un effetto troppo lento per essere visto nel singolo scatto temporale. Il colmamento delle basse pressioni infatti richiede almeno 3-4 giorni. La stessa evoluzione temporale dell’atmosfera è un fenomeno lento, se guardate una sequenza di 2 ore di immagini da satellite infatti vedrete le nubi muoversi anche molto velocemente attorno ai centri di alta e bassa pressione, i quali invece sono prevalentemente fermi.

In conclusione, abbiamo trovato le equazioni primitive e abbiamo capito che è vero ciò che ci hanno sempre detto, che sotto una bassa pressione vi è convergenza e sotto un’alta pressione divergenza del vento, ma è un effetto così lento e debole che non lo riusciamo a percepire in alcun modo, neanche guardando le carte meteo della pressione. Nonostante ciò,questo effetto di convergenza/divergenza è responsabile dell’evoluzione dell’atmosfera e dunque non può essere trascurato, ossia le accelerazioni verticali non possono essere trascurate. Lo abbiamo dedotto qui ma lo vedremo chiaramente nel prossimo articolo.

Nota: guardando una carta della pressione, le isobare non sono linee che si intrecciano. Soluzioni di questo tipo delle equazioni differenziali rappresentano delle orbite, le particelle orbitano attorno al minimo e al massimo come i pianeti di un sistema planetario, non convergono verso il centro. I vortici depressionari dunque a prima vista non sono oggetti che risucchiano aria come invece si pensa istintivamente (in ogni scatto temporale dei modelli matematici vedrete sempre isobare che formano approssimativamente circonferenze concentriche ed il vento ruotare/orbitare attorno ai minimi o massimi, come visto in alcuni esempi nell’articolo 3). Un vento che ruota attorno ad un punto conserva perfettamente la sua massa, dunque è a divergenza nulla. Quando un vento converge o diverge in/da un punto si ha condizione di divergenza non nulla.