8) Meteostoria: eventi meteo estremi dal 1836, raffronti e conclusioni

Reanalisi degli eventi meteo più rilevanti dal 1836 in poi, raffronti e conclusioni

Di Claudio Giulianelli

Villa San Giovanni in Tuscia (VT), 25 Aprile 2021 – Siamo giunti alla fine di questa esplorazione degli archivi NCEP presenti su meteociel che ci hanno permesso di buttare un occhio sul clima del passato. Quello che andremo a fare in quest’ultima analisi è confrontare gli eventi meteo estremi segnalati nei precedenti articoli, che come ricordiamo sono riferiti alla quota di 850 hpa (1500 m slm circa), e cercheremo un riscontro su qualche dato meteo dell’epoca rilevato invece al livello del suolo.

Iniziamo dalle irruzioni di aria gelida, vediamo quali sono state le più potenti dal 1836 ai giorni nostri.

Nel primo trentennio analizzato, spicca la prima ondata di gelo di tutta la serie storica (2 gennaio 1836).

In questa fase qua, tra il 1836 e il 1866, le irruzioni gelide davvero importanti in inverno sono in effetti poche, seppur comunque maggiori in numero di quelle dell’ultimo trentennio analizzato, il 91’/2020. Si parla di qualche unità in più rispetto ai nostri tempi, in particolare abbiamo 3 ondate di gelo con isoterme inferiori a una -12°c fino a Roma e 2 che l’hanno sfiorata. Nel trentennio 1991-2020 ricordiamo che l’unico evento con una -12°c fino a Roma è stato il gelo del gennaio 2017, abbiamo infatti preso la -12°c come punto di riferimento per segnalare una ondata di gelo come estrema per i nostri territori e per i tempi attuali. Nell’attuale trentennio due ondate di gelo hanno visto una -12°c sfiorare Roma, che sono quella del 16-17 dicembre 2010 e il burian del 1996. In sostanza, a metà ‘800 solo due ondate di gelo in più vi sono state ancora più intense di quella del 2017.

Nel trentennio successivo, l’ultimo dell’800, troviamo più di un evento davvero importante: ne troviamo ben 8! E senza contare quelle che hanno avuto un’intensità paragonabile a quella del gennaio 2017, quindi simili a quella del 16-17 dicembre 2010, che sono state davvero innumerevoli! In particolare il 1891 e il 1893 sono state due annate caratterizzate da gran gelo in tutti i loro mesi invernali, sia nei mesi di gennaio/febbraio che nel dicembre successivo. Fra le 8 ondate di gelo di potenza mai vista nel nostro trentennio, riproponiamo le seguenti, assolutamente poderose:

Ondata di gelo di inizio febbraio 1893, una -18°c ad 850 hpa sfiora Roma (5 febbraio 1893)

Nel dicembre dello stesso anno, una -16°c ad 850 hpa sfiora Roma (29 dicembre 1893)

Febbraio 1895, una -16°c piena ad 850 hpa entra su Roma (18 febbraio 1895)

Nel trentennio successivo troviamo altre potentissime irruzioni gelide. A pari merito col trentennio precedente, ben 8 irruzioni glaciali e tante altre di intensità simile a quella del 16-17 dicembre 2010. Ben due di quelle potenti in un solo mese, gennaio 1905 che è risultato davvero ragguardevole!
Riproponiamo le seguenti:

Gennaio 1901, una -16°c ad 850 hpa sfiora Roma (5 gennaio 1901)

Gennaio 1905, una -16°c ad 850 hpa sfiora Roma (2 gennaio 1905)

Febbraio 1911, ad 850 hpa una -16°c sfiora Roma (1 febbraio 1911)

Febbraio 1919, di nuovo una -16°c ad 850 hpa alle porte di Roma (10 febbraio 1919)

Dicembre 1927, una -15°c circa ad 850 hpa su Roma (19 dicembre 1927)

Febbraio del 1929, una -20°c ad 850 hpa su Roma (3 febbraio 1929)

Sono tantissime ad inizio novecento di un calibro spaventoso, fra le più potenti degli ultimi 180 anni! Ricordiamo ancora che nella nostra epoca, dopo il gennaio 2017 per ritrovare anche una “semplice” -12°c ad 850 su Roma bisogna tornare al 1979, di 40 anni indietro. Per ritrovare una -14°c che abbia solo sfiorato Roma, bisogna tornare al gennaio del ’68, e per una -15°c che abbia sfiorato Roma al gennaio del ’63, quindi bisogna andare indietro di 58 anni. Per ritrovare almeno una -16°c a sfiorare la capitale, bisogna tornare al 3 febbraio del 1929, quando in realtà le carte mostrano su Roma una -20! Quindi bisogna tornare indietro di 92 anni. Ma senza scomodare il ’29, una ondata di gelo con una -16°c a sfiorare Roma la ritroviamo nel 1911, quindi bisogna tornare indietro di 110 anni. Insomma, vi è stato un periodo in cui isoterme inferiori ad una -14° arrivavano più di una volta in 10 anni (la stessa frequenza con cui arrivava semplicemente un po’ di neve in pianura negli anni duemila!). Per dare un’idea degli effetti al suolo di un’isoterma come la -14°c alla quota isobarica di 850 hpa (circa 1500 metri slm), basti pensare che le temperature anche in pianura in pieno giorno faticherebbero a salire oltre gli 0 gradi centigradi a ciel sereno.

Riordiniamo dunque in una breve classifica qua sotto questa top 10 delle ondate di gelo più intense degli ultimi 180 anni:
(in riferimento alla temperatura ad 850 hpa per Roma mostrata dalle reanalisi NCEP su meteociel.fr)

Podio delle 3 ondate di gelo più forti:

1) 3 Febbraio 1929: entra una -20°c
2) 5 Febbraio 1893: entra una -17/-18°c
3) 18 Febbraio 1895: entra una -16°c

A seguito

4) 5 Gennaio 1901: entra una -16°c almeno su parte del territorio romano
5) 29 Dicembre 1893: entra una -16°c alle porte di Roma
6) 10 Febbraio 1919: entra una -16°c alle porte di Roma
7) 2 Gennaio 1905: entra una -16°c alle porte di Roma
8) 19 Dicembre 1927: entra una -15°c su Roma
9) 2 Gennaio 1836: entra un’isoterma inferiore a -14°c su Roma
10) 1 Febbraio 1911: entra un’isoterma inferiore a -14°c su Roma

Per questa seconda parte della classifica in realtà stabilire quale fosse la più gelida tra le posizioni 5, 6 e 7, non è semplice perché sono tutte di intensità molto simile per temperatura ad 850 hpa. Queste 3 ondate di gelo si somigliano talmente tanto che anche un minimo errore sicuramente presente sulle reanalisi potrebbe cambiare la classifica tra le 3 posizioni. C’è inoltre da aggiungere che quella del gennaio 1905 è stata accompagnata da un “core” gelido davvero imponente ad 850 hpa, con una -28°c presente appena a nordest delle Alpi e nonché nevicate importanti da nord a sud su tutta Italia, secondo quanto raccontano le fonti dell’epoca. Probabilmente si è trattato di aria estremamente gelida nei bassi strati, di origine siberiana che potrebbe aver portato al suolo temperature davvero glaciali! Quella del 1905 potrebbe effettivamente aver avuto effetti sulle temperature al suolo non dissimili da quelle sul podio, quindi fra le top 3 più gelide degli ultimi 180 anni.

Come possiamo notare, in tale classifica non trovano spazio eventi pur gelidi degli anni ’40 ’50 e ’60. Andiamo ora a vedere qualche dato storico che possa aiutarci nel capire come queste ondate di gelo si sono tradotte in termini di temperature registrate al suolo, come era il tempo di quei giorni e se, come sospettiamo, a dispetto delle temperature ad 850 hpa piuttosto simili qualche ondata di gelo sia stata più intensa di altre:

In questo grafico sono stati inseriti tutti gli estremi minimi annuali di temperatura registrati dalla stazione del collegio romano, i dati sono riportati sulla pagina wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Stazione_meteorologica_di_Roma_Collegio_Romano) della stazione anno per anno dal 1862.

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In questo grafico gli anni  partono dal 1862 che viene indicato come anno zero nel grafico, l’anno in cui inizia questa serie riportata su wikipedia. Come si può vedere 140 anni fa (fino agli anni ’80 del 1800) non era difficile che la stazione raggiungesse un valore di -3°c ogni inverno, ma un picco molto basso di minimo annuale di temperatura lo si è raggiunto fino all’inizio del ‘900, anche se dopo il 1890 con un trend già al rialzo. I primi 40 anni della serie sono mediamente i più freddi in assoluto.

Tra il 1900 e il 1920 (indicato come periodo anni 40-60 nel grafico) mediamente la minima annuale a Roma aveva già preso 1 grado, attestandosi mediamente sui -2°c. Nella nostra serie di articoli infatti avevamo già costatato che il periodo con gli inverni più rigidi in assoluto è stato l’ultimo ventennio dell’800 e primi anni del ‘900, mentre nel resto del primo trentennio del nuovo secolo le ondate di gelo fortissime, pur presenti in egual numero con l’ultimo trentennio dell’800, si collocavano in un contesto climatico invernale mediamente più mite dagli anni ’10. Questo grafico dunque conferma la nostra prima impressione.

Tra il 1920 e il 1950 (periodo anni 60-90) si nota un trend lieve di diminuzione dell’estremo minimo annuale che si riporta mediamente sotto i -2°c, specie dagli anni ’30. Dalla nostra analisi gli inverni sembravano essere tornati mediamente più rigidi solamente dagli anni ’40. Quindi di nuovo tra il 1910 e il 1930 sembra essere confermato un periodo meno rigido con inverni rigidi meno frequenti. Negli anni ’30 invece sembra già che ci siano state invernate più crude di quello che poteva sembrare dalle reanalisi. Il clou del freddo si trova comunque tra gli anni ’40 e ’50.

Tra il 1950 e il 1970 (anni 90-110 nel grafico) l’estremo minimo annuale di Roma si riporta sopra i -2°c, con un trend ormai consolidato al rialzo. Negli anni ’70 ricordiamo le ultime potenti ondate di gelo di intensità paragonabile o poco superiore a quella del gennaio 2017.

A seguito continua il rialzo termico fino ad un massimo tra 20 e 30 anni fa quando l’estremo minimo annuale della stazione si attestava mediamente di poco sotto lo zero. Stiamo parlando degli anni ’90.

Tra il 2000 e il 2010 vi è stato un nuovo calo delle minime annuali del collegio romano, fino a portarsi mediamente sotto i -1.5°c, quindi si è perso oltre un grado negli ultimi 20 anni rispetto agli anni ’90. Il 160esimo anno del grafico è il 2017, con un estremo minimo annuale che si è portato a quasi -2°c ma in un trend di nuovo al rialzo.

Come possiamo notare, questo trend dell’estremo minimo annuale di Roma rispecchia abbastanza bene la frequenza ed intensità in inverno delle ondate di gelo sulla capitale. Si nota un generale aumento della minima annuale romana dal 1860 ai nostri giorni, in linea con una graduale riduzione delle ondate di freddo invernali. Abbiamo già evidenziato prima infatti che per ritrovare un isoterma come la -12°c, dopo il gennaio 2017 bisogna tornare indietro di 40 anni e per ritrovare una -14°c bisogna tornare indietro di 58 anni, isoterme che fino alla prima metà del ‘900 arrivavano su Roma più di una volta in 10 anni.
Ciononostante vengono sollevati dubbi sulla validità di tale interpretazione di questo grafico. Infatti è anche vero che la stazione del collegio romano si trova attualmente in centro città che ha le dimensioni di una metropoli mentre una volta la stessa stazione era al centro di una città di piccole e poi medie dimensioni, essendo Roma cresciuta molto nella seconda parte del ‘900. Un aumento dell’isola di calore di 2 gradi medi alla stazione del Collegio romano, potrebbe effettivamente spiegare il trend al rialzo degli estremi minimi annuali di temperatura a Roma. E’ anche vero però che non è stato quantificato l’andamento dell’isola di calore romana all’aumentare dell’urbanizzazione, specie per questa postazione, quindi non si conosce per tale stazione il contributo dell’isola di calore oggi presente nel determinare la misura e dunque al momento tale linea di pensiero rimane una valida teoria che potrebbe però essere meno importante di quello che ci si potrebbe aspettare, dato che comunque anche il trend di riscaldamento degli inverni rispecchia discretamente il trend al rialzo degli estremi minimi di temperatura del collegio romano. E vedremo che alcuni di questi estremi minimi annui decisamente bassi misurati dal collegio si sono avuti in condizioni per cui l’isola di calore non ha un ruolo apprezzabile, ossia valori che sarebbero stati registrati anche oggi se fossero arrivate quelle ondate di gelo.

Passiamo ora infine a qualche dato storico sulle singole stagioni invernali della serie storica di cui finora abbiamo parlato:

Della top 10 sopra esposta, troviamo i seguenti riscontri nelle temperature al suolo, e dunque alla stazione del collegio romano:

Estremo minimo annuale misurato dalla stazione del collegio romano negli anni della top 10 precedentemente riportata:
1) Estremo minimo del 1929: 3 Febbraio 1929, -5.4°C (estremo ad 850 hpa -20°C il 3 febbraio)…
2) Estremo minimo del 1893: 14 Gennaio 1893, -5.5°C (estremo ad 850 hpa -18°C il 5 febbraio)
3) Estremo minimo del 1895: 18 Febbraio 1895, -5.1°C (estremo ad 850 hpa -16°C il 18 febbraio)…

4) Estremo minimo del 1901: 15 Febbraio 1901, -3.4°C (estremo ad 850 hpa -15/-16°C il 5 gennaio)
5) Estremo minimo del 1893: 14 Gennaio 1893, -5.5°C (estremo ad 850 hpa -18°C il 5 febbraio)
6) Estremo minimo del 1919: 10 Febbraio 1919, -3.9°C (estremo ad 850 hpa  -15°C abbondante il 10 febbraio)…
7) Estremo minimo del 1905: 4 Gennaio 1905, -5.0°C (estremo ad 850 hpa -15°C abbondante il 2 gennaio)..
8) Estremo minimo del 1927: 19 Dicembre 1927, -5.0°C (estremo ad 850 hpa  -15°C il 19 dicembre)…
9) Estremo minimo del 1911: 14 Febbraio 1911, -4.0°C (estremo ad 850 hpa -14°C abbondante il 1 febbraio)
10) Estremo minimo del 1836: Gennaio 1836, -7.5°C (estremo ad 850 hpa -14°C abbondante)

Notiamo subito che le date segnate con i 3 puntini hanno una perfetta corrispondenza di data del picco di freddo ad 850 hpa con quello al suolo, in un caso (due puntini) ci sono due giorni di differenza. In altri casi invece il picco ad 850 hpa sembrerebbe non corrispondere col picco di freddo annuale, cerchiamo di capire perché andando a vedere cosa è successo nelle date in cui il collegio romano ha segnato la minima annuale che non coincide con la data di quella ad 850 hpa:

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Il -4°c del 14 febbraio del 1911 è stato registrato senza alcuna irruzione gelida in corso (per la precisione, l’ondata di gelo di inizio mese che abbiamo segnalato ad 850 hpa era appena terminata) e con un anticiclone che andava a chiudere il flusso di aria gelida da nordest. Presumibilmente quei -4°c sono stati registrati dunque con calma di vento notturna e inversione termica. In questo caso si potrebbe più facilmente obiettare che le inversioni termiche negli ultimi 30 anni abbiano almeno un paio di gradi in più nella zona del collegio romano, quindi quella minima con una urbanizzazione come quella odierna non sarebbe scesa sotto i -2°c. Più difficile da interpretare invece come nei primi due casi sotto una -10/-11°c ad 850 hpa, sotto irruzione fredda ma non eccezionale, si sia riusciti a registrare valori sui -5°c, ossia valori eccezionali per questa serie storica. Rimane dunque difficile capire anche se quei valori potessero essere ritoccati al rialzo con un’urbanizzazione come quella odierna.

Per quanto riguarda le irruzioni indicate con 3 puntini, in genere si tratta di irruzioni continentali secche da est. Notiamo che in genere a Roma con una -15°c abbondante/-16°c si registra un picco inferiore ai -5°c alla stazione del collegio romano. Essendo la data del picco di freddo registrato alla stazione perfettamente coincidente col picco del freddo ad 850 hpa, viene da pensare che il picco minimo di temperatura misurato sia stato raggiunto nel massimo dell’irruzione gelida, quindi temperature molto basse accompagnate da vento di tramontana e dunque in normali condizioni di gradiente di temperatura altimetrico senza inversioni termiche. Per queste ondate di gelo dunque la stazione avrebbe registrato valori molto simili anche con l’isola di calore odierna. Fare temperature ampiamente negative ai nostri tempi non è semplice, in genere ci riescono proprio le zone vallive e fluviali solo in condizioni di calme di vento notturne che permettono lo sviluppo delle inversioni termiche. Ma valori di -5°c in pianura con vento, sono condizioni climatiche davvero estreme per i nostri tempi, basti pensare che durante la grande nevicata del febbraio 2012 le colline viterbesi sui 300 metri slm nel sudovest dell’area cimina avevano una temperatura che si aggirava sui -2/-3°c nonostante le nevicate in corso e la provenienza puramente continentale della massa d’aria! Immaginatevi cosa potesse essere uscire all’aperto con 5 gradi celsius sotto lo zero e forte vento in pianura!

I valori sui -5°c o inferiori sopra riportati sono fra i più bassi di tutta la serie storica, ma non i più bassi in assoluto. A sorpresa infatti si trovano, fra le ondate di gelo più potenti secondo la stazione, il 1956 e il 1985. Il 56′ con un picco di ben -6°c e il 1985 con una temperatura sui -5°c. Temperature così basse alla stazione potrebbero essere dovute a più fattori come l’instaurarsi di inversioni termiche e anche all’effetto albedo offerto dalla copertura nevosa presente, dunque come avevamo anticipato negli articoli precedenti gli effetti al suolo risentono poi anche di altri fattori, oltre che della sinottica, e potrebbero essercene altri come la presenza di precipitazioni e copertura nuvolosa durante le ore diurne, la ventilazione di terra etc. L’albedo, come l’isola di calore della città, è uno di quei fattori che va a mascherare l’effettiva potenza di un’irruzione gelida. Il valore più basso in assoluto misurato dalla stazione è comunque del gennaio 1836 con ben -7.5°c raggiunti, temperatura anche questa inaspettata se si pensa che la più bassa raggiunta ad 850 hpa nel gelo di inizio gennaio fu una -14°c/-15°c, quindi al pari di tante altre a cavallo tra ‘800 e ‘900 che a Roma non hanno portato temperature così basse.

Oltre all’85, anche negli anni ’40 e ’50 vi sono altre minime sui -5°c di irruzioni gelide senza isoterme inferiori ad una -13/-14°c, presumibilmente sempre grazie all’albedo offerto dalla neve o da. Vediamo dunque qualche data di nevicata romana:

Date nevicate con accumulo a Roma centro dal 1836 ai giorni nostri:

Nel 1836 non vengono segnalate nevicate, il valore di -7.5 dunque non può essere stato aiutato dall’albedo. Giorni con neve ne vengono segnalati nel 1837 (uno a gennaio, il 7 febbraio, il 22 marzo con una copiosa nevicata e il 25 marzo), 1838 (dicembre), 1839 (gennaio febbraio e dicembre), 1840 (il 25 gennaio con 11/12 cm), 1842 (8 gennaio), 1843 (gennaio), 1844 (a gennaio, febbraio e marzo), 1845 (25 marzo copiosa nevicata), 1846 (21 gennaio copiosa nevicata, 16,17 e 18 dicembre quest’ultima con altri 10 cm circa), 1847 (febbraio), 1849 (novembre e dicembre), 1850 (marzo), 1852 (marzo), 1853 (febbraio e dicembre), 1858 (8 marzo, 15 e 17 dicembre), 1862 (10 febbraio un velo di neve), 1863 (marzo), 1864 (3 gennaio 10 cm circa, 31 gennaio, 9 e 10 febbraio qualche cm appena), 1870 (febbraio e dicembre), 1874 (12 marzo), 1877 (8,11 e 12 marzo, quest’ultima con 1.5 cm), 1878 (14,16,17,26 marzo), 1879 (2-3 cm il 2 dicembre), 1880 (23 e 24 gennaio imbiancata sui tetti), 1883 (gennaio, febbraio e marzo), 1884 (gennaio), 1886 (11 gennaio), 1887 (9 febbraio 7 cm e ancora il 10; 21,26,28 dicembre), 1888 (30 gennaio forte nevicata, 1 febbraio 3 cm), 1890 (2 e 3 marzo rispettivamente circa 2 e 5 cm ), 1891 (16 e 18 gennaio, qui con forte nevicata, 1892 (11 febbraio con circa 2 cm), 1893 (3, 13 con circa 2 cm, 15 con mezzo cm gennaio), 1894 (2,4 gennaio), 1895 (5,29,30,31 gennaio; 1 con circa 3 cm,16 febbraio; 5, 6 marzo con circa 5 cm), 1896 (13 gennaio), 1897 (25, 26 con circa 1 cm gennaio), 1901 (6 con 4 cm, 7 con 3 cm a gennaio; 13 con 8 cm, 18 con 5 cm , 19/20 con circa 10-12 cm a febbraio), 1906 (2 gennaio), 1907 ( 23 gennaio con 6 cm), 1909 (26 gennaio), 1913 (18 febbraio con 3.5 cm circa, 1917 (26 con 4 cm, 27 con 2 cm, 28 con 2 cm a dicembre), 1922 (8 febbraio con 5-8 cm), 1923 (31 dicembre con 2 cm), 1924 (1 gennaio 3 cm), 1926 (13 gennaio 5 cm), 1927 (18 dicembre 1.5 cm e 20 dicembre), 1929 (17 con 2 cm, 18 con 1 cm, 26 un velo a gennaio; 13 con 4 cm, 14 con 5 cm a febbraio), 1932 (13 e 28 febbraio), 1935 (12 velo di neve, 22 con 2 cm a gennaio), 1939 (29/30 dicembre con 15 cm, fino a 25-30 cm a Monte Verde e San Pancrazio), 1940 (18 imbiancata, 20 con 3 cm a gennaio; 14 con 0.5/1 cm, 16 con velo e 17 febbraio; 6 marzo con 2 cm; 23 con circa 1 cm, 24 con 4 cm a dicembre), 1941 (14 gennaio con 1 cm circa; 30 dicembre 7 cm), 1942 (24 gennaio con mezzo cm, 17 febbraio a larghe falde), 1945 (11 un velo o poco più, 13 con 3 cm a gennaio), 1947 ( 6 gennaio con 6 cm), 1952 (un velo il 16 dicembre), 1954 (2 febbraio 1 cm), 1956 ( 2 mezzo cm, 9 con 10 cm, 10 con 6 cm, 11/12 con 1.5 cm, 13 con 6 cm, 17/18 con 10 cm, 19 con 4 cm a febbraio; 11 con 2 cm , 12 con 1 cm a marzo), 1958 (9 con 1 cm, 10 con 1 cm, 12 con 1 cm a marzo), 1962 (24 e 26 dicembre), 1963 (21 gennaio con circa mezzo cm, 1 febbraio con 3 cm), 1965 ( 9 febbraio 25 cm), 1967 (6 gennaio con 1 cm), 1968 (9 gennaio con 1 cm), 1969 (12 febbraio con 3.5 cm), 1971 (4 con circa 3 cm, 5/6 con 15 cm, 7 con 5 cm a marzo), 1985 (6 con 15 cm, 7 circa 5 cm, 9 con qualche cm a gennaio; 18 marzo con qualche cm), 1986 (10 con 2.8 cm, 11 con 23 cm), 2010 (10 febbraio con 3 cm), 2012 (2/3 con 15 cm, 10/11 con 1 cm), 2018 (26 febbraio con 9 cm).

Da questa lista di nevicate si nota subito come gli episodi senza accumulo in centro siano andati aumentando nella seconda parte del ‘900, con un primo intervallo tra il 1972 e il 1984 inclusi, quindi un periodo di 13 anni, senza neve con accumulo anche minimo. Successivamente il periodo tra il 1987 e il 2009, ben 23 anni senza un accumulo anche minimo! Si tratta del periodo più lungo senza neve per la zona centrale della città dal 1776, anno in cui inizia la serie storica di osservazioni delle nevicate riportata dal collegio romano. Un periodo così lungo senza neve non si vedeva da oltre 230 anni! Ma considerando che nei decenni e secoli precedenti ci si addentra nel periodo della piccola era glaciale, per trovare un periodo così lungo senza neve a Roma potrebbe esserci bisogno di andare indietro di altri secoli, chissà forse fino a tornare al periodo caldo medioevale.
Da questa lista di nevicate deduciamo anche come i valori di temperatura registrati dal collegio romano nel ’56 e nell’85 siano stati aiutati dall’innevamento presente al suolo e anche da altri fattori che possono sfuggire ad una prima analisi, valori estremamente bassi a dispetto della potenza delle irruzioni fredde di quegli anni che comunque erano si intense ma non rilevanti (specie l’85 che vide entrare al più una -10°c su Roma a 850 hpa nel momento più freddo, come nel 16-17 dicembre 2010).
Il 14 gennaio 1893 al suolo era presente ancora della neve che ha aiutato probabilmente le temperature a rimanere decisamente basse, il -5.5°c registrato a gennaio è dunque frutto di un probabile raffreddamento notturno (inversione termica potente) enfatizzato dalla neve a terra.
Stesso discorso per il valore di -3.4°c del 15 febbraio 1901, due giorni prima erano caduti 8 cm di neve.

Nei grafici sottostanti il numero di giorni con neve a Roma per stagione secondo le osservazioni del collegio romano, negli ultimi 244 anni
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con specifico focus nei grafici sottostanti in intervalli temporali di 83 anni
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Si nota l’aumento significativo degli inverni che non hanno avuto neanche un minimo accumulo come tracce di neve .
In alcune parti della città tra il 1986 ed il 2010 si è vissuto qualche episodio nevoso ma non in centro storico e nello specifico al Collegio Romano. Andando nel dettaglio nel 1996 vi è stata una neve coreografica poco significativa, mentre nel 1999 ci fu un apparizione più significativa della neve, seppur senza andare oltre il velo di accumulo. Nel febbraio 1991 nevicò nei quartieri nord della città con accumuli fino a 5 cm. Il 23 gennaio 2004 vi sono stati lievissimi attecchimenti di neve in alcune parti della città, mentre nel gennaio 2005 una nevicata ha coinvolto le zone sud-orientali del comune di Roma che non è stata dunque conteggiata nè messa nel grafico. Nel 2002, inoltre, il 16 gennaio, i fiocchi caddero dalla 7.30 fino alle 9.30 con un accumulo di mezzo centimetro circa.
In termini di giornate con neve, al primo posto troviamo il 1955/1956 con ben 12 giorni con nevicate, al secondo posto il 1894/1895 con ben 11 giorni, al terzo il 1802/1803 con 8 giorni di neve e al quarto il 1939/1940 con 7 giorni, mentre con 6 giorni di neve troviamo le stagioni 1900/1901, 1892/1893, 1887/1888.

Passiamo ora alle ondate di caldo estive. Ecco il podio delle ondate di calore più forti ad 850 hpa secondo queste reanalisi degli ultimi 180 anni, sempre in riferimento a Roma:

1) 5 agosto 2017: entrata una +27°c
2) 28 luglio 1983: entrata una +26/+27°c
3) 10 agosto 1999: entrata una +27°c

4) 29 luglio 1853: entrata una +26°c
5) 22 luglio 1859: entrata una +25°c molto abbondante
6) 30 giugno 1879: entrata una +25°c molto abbondante
7) 5 agosto 1946: entrata una +25°c
8) 1 agosto 1947: entrata una +25°c
altre innumerevoli avvezioni calde africane negli anni ’80 e ’90 hanno puntato principalmente il sud Italia con isoterme ad 850 hpa almeno attorno ad una +25°c sono passate su Roma. Non le mettiamo in questa classifica in quanto, oltre che ripetitive, non hanno avuto effetti molto importanti sulle temperature registrate al suolo, infatti il bordo settentrionale dell’anticiclone africano porta con sé nuvolosità, vento e polveri sahariane che potrebbero aver inibito in buona parte l’intensa scaldata in quota. Sono le prime 4 in particolare ad essere particolarmente bollenti, anche il 29 luglio del 1853 infatti, nonostante le reanalisi vedano una +26°c arrivare a lambire Roma, molto probabilmente a causa di effetti favonici, vi sono stati picchi maggiori di caldo ad 850 hpa che l’interpolazione non riesce a vedere. L’evento del 29 luglio 1853 ha un’intensità simile a quella del 28 luglio 1983. Le prime 4 hanno dunque in comune anche alcuni elementi sinottici, oltre che le temperature ad 850 hpa su Roma. Infatti si è trattato di anticicloni con massimo di temperatura e pressione sull’Italia o più a nord. In questo secondo caso, appunto, potrebbero essersi aggiunti anche effetti favonici. Come per le ondate di gelo, vediamo ora in quegli anni quale e quando vi è stato l’estremo di temperatura massima annuale

1) estremo massimo del 2017: 3 agosto 2017, +37.3°c (estremo ad 850 hpa +27°c il 5 agosto) ..
2) estremo massimo del 1983: 28 luglio 1983, +39.0°c (estremo ad 850 hpa +27°c il 28 luglio) …
3) estremo massimo del 1999: 10 agosto 1999, +36.4°c (estremo ad 850 hpa +27°c il 10 agosto) …

6) estremo massimo del 1879: 3 agosto 1879, +35.3°c (estremo ad 850 hpa +25°c  il 30 giugno)
7) estremo massimo del 1946: 7 settembre 1946, +36.0°c (estremo ad 850 hpa +25°c  il 5 agosto)
8) estremo massimo del 1947: 4 agosto 1947, +36.2°c (estremo ad 850 hpa +25°c il 1 agosto) ..

Delle due ondate di calore ottocentesche alla quarta e quinta posizione non possiamo verificarne l’intensità al suolo purtroppo. Come si può notare dalle altre rilevazioni, l’ondata di calore del luglio 1983 sale sul primo gradino del podio seguita da quella del 2017. Tra i dati del collegio romano è presente un +40.1°c registrato nel 1905, ma le reanalisi non fanno pensare ad un valore tanto elevato se non per un forte effetto favonico che potrebbe essersi accanito su Roma. Anche per le ondate di caldo infatti ci sono delle situazioni tipiche del suolo che reagiscono in modo diverso alla situazione sinottica, andando a mascherarne l’effettiva potenza, un po’ come l’albedo e le inversioni termiche per le ondate di gelo. In particolare l’effetto favonico, su Roma è determinante per far salire le temperature, mentre le ondate di calore accompagnate da venti occidentali in genere portano un aumento rilevante dell’afa ma non della temperatura, come è il caso di buona parte delle ondate di calore degli anni duemila, pur risultate intensissime per temperature a 850 hpa.
Il 3 agosto 1879 una nuova forte ondata di caldo con deciso effetto favonico attanagliava le regioni tirreniche. Come temperature ad 850 abbiamo una +23/+24°c e dunque non rappresenta un’ondata di caldo eccezionale a tale quota, ma l’effetto dei venti di terra fa si che tale picco di caldo sia risultato più intenso di quello di fine giugno della stessa estate.
Anche nel settembre del ’46 una forte ondata di calore tardiva è stata enfatizzata dall’effetto favonico indotto dai venti da nordest che hanno fatto sì che l’ondata di caldo di inizio agosto fosse meno rilevante come temperature misurate a terra.

Riproponiamo le carte dei primi 4 eventi di caldo

inizio agosto 2017 (5 agosto 2017)

fine luglio 1983 (28 luglio 1983)

fine prima decade di agosto 1999 (10 agosto 1999)

fine luglio 1853 (29 luglio 1853)

non riproponiamo le altre in quanto una +25°c, specie negli ultimi 40 anni, si è manifestata con una certa frequenza. Inoltre dalle temperature estreme annue della stazione meteo del collegio romano emergono molte ondate di calore con picchi ad 850 hpa di temperatura anche inferiori ma temperature più alte registrate  dalla stazione a causa degli effetti favonici di terra.

Vediamo ora in un grafico tutta la serie storica degli estremi massimi annuali presente sulla pagina wikipedia.
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Anche qua si nota un trend al rialzo del picco di calore massimo estivo a Roma, da circa 35 gradi celsius di fine ‘800 agli attuali 36.5°c circa. Dalle nostre prime impressioni, vedendo le reanalisi ad 850 hpa, era sembrato che non ci fosse un vero e proprio trend al rialzo nei picchi di calore estivi, a metà ‘800, infatti, sono presenti importantissime ondate di calore, tra le top 10 della nostra classifica, il cui riscontro alla stazione non è però sulla pagina wikipedia del collegio romano che parte dal 1862 nel dare gli estremi annuali anno per anno. In realtà, anche dal 1862 ad oggi, ci eravamo accorti che si, vi sono state alcune serie di estati più fresche, ma come temperature ad 850 hpa avevamo visto ad esempio delle forti ondate di caldo negli anni ’40. Questo grafico mostra estati mediamente più calde in tale periodo (periodo 60-80 nel grafico), ma comunque alla stazione è negli anni 2mila che si sono registrate le temperature più alte al suolo (periodo 140-160). Dagli anni ’80 avevamo assistito alla comparsa di intense ondate di calore africane, dirette principalmente verso il sud Italia, di quelle dunque che portano effetti maggiori in quota dalle nostre parti, delle ondate di calore che più portare estremi termici sono molto afose.

Se per gli inverni, il trend al rialzo delle minime annuali del collegio romano potrebbe più facilmente essere spiegato dalla scomparsa e attenuazione graduale delle ondate di freddo invernali, in estate è più complicato dire che tale trend sia dovuto ad un aumento delle ondate di calore. Sicuramente possiamo dire che l’effetto dell’isola di calore, nel momento tipico del raggiungimento della massima che è intorno alle 15, è poco presente. Ciononostante a mascherare la potenza di un’ondata di caldo vi è la ventilazione al suolo, le brezze infatti mitigano la città in estate. Se gli anticicloni si posizionano più a nord, come abbiamo già detto, le brezze vengono inibite e anche con temperature ad 850 hpa non troppo alte si possono fare record di temperatura a Roma. Il gioco della ventilazione al suolo che accompagna le ondate di calore estive, in sostanza, può determinare questo trend più che la potenza stessa delle ondate di calore.
Alcuni dei picchi alla fine di tale serie storica sono senz’altro dovuti a questo gioco di venti di terra, come ad esempio nell’estate 2007 quando il 25 agosto il collegio romano ha toccato +38.9° a causa di un forte effetto favonico sulla città. Ci eravamo però anche accorti che tipicamente le ondate di calore dagli anni ’80 erano di quelle che a Roma non portano effetti favonici, ma anzi enfatizzano le brezze e producono effetti attenuati al suolo. Se la media degli ultimi 20-30 anni ora vede Roma raggiungere un picco estivo di oltre 36 gradi centigradi, le forti ondate di caldo africano verso il sud Italia riescono evidentemente a dare comunque un caldo mediamente forte anche a Roma, anche se non siamo noi il bersaglio principale. D’altra parte l’avvezione calda del 10 agosto del 1999, per quanto puntasse comunque principalmente il sud Italia, ha fatto registrare anche a Roma un picco di +36.4°c, quindi queste recenti ondate di calore sono abbastanza intense da portare effetti sulle nostre zone comunque maggiori delle ondate di calore del passato che avevano le nostre zone come obiettivo principale anche se con isoterme minori.
Dalle nostre reanalisi avevamo dunque colto bene l’aumento delle temperature estive negli ultimi 40 anni e alcuni periodi più freddi come le estati anni ’60 e ’70 (periodo 110-130 del grafico), non sembrava però che gli ultimi 40 anni avessero i picchi di calore estivi mediamente più alti degli ultimi 160 anni, né tantomeno che ci fosse un trend al rialzo.

Vediamo infine qualche estremo di temperatura nelle mezze stagioni o anche di caldo nel periodo invernale e di freddo nel periodo estivo.

Nel periodo autunnale l’estremo di freddo più rilevante in assoluto è senza dubbio l’ondata di freddo di fine ottobre 1836, estrema per il freddo relativamente al periodo ma soprattutto per la sinottica: a giudicare da queste carte, la neve potrebbe essere arrivata fino in collina se non in pianura! Mai vista così precocemente in tutta la serie storica!

31 ottobre 1836

In termini di freddo assoluto, sale sul podio il gran freddo di fine ottobre 1891 (31 ottobre 1891).

Questo è solo il massimo del freddo di fine ottobre, già 2-3 giorni prima era pieno inverno!! L’irruzione ottobrina più intensa dal 1836 ad oggi. Altre ondate fredde importanti ad ottobre vi sono state il 25 ottobre del ’70, il 22 ottobre del ’72, il 21 ottobre 2007 e il 20 ottobre 2009. Specie nel ’72 il freddo è stato rilevante, con una -3°c entrata sul viterbese.
Nel mese di novembre più volte è arrivato il freddo anche intenso, ma qua ci troviamo di fronte alla prima ondata di freddo invernale nel cuore dell’autunno. In novembre vedere le prime irruzioni invernali è già più consono al periodo, per quanto comunque ve ne siano state di un certo calibro nel passato. In ottobre è rarissimo per i nostri giorni avere temperature anche sotto le medie di gennaio.

Vediamo ora alcune avvezioni di caldo autunnali. Anticipiamo subito che in ottobre e novembre la mitezza è ormai tipica ai nostri tempi, quindi eventuali scaldate tardo-autunnali del passato potrebbero essere state trascurate in questo riepilogo degli eventi estremi della serie storica. Ce ne sono solo tre che sono saltate all’occhio con facilità, che hanno saputo ben distinguersi dalle tante altre avutesi, tutte simili, in autunno.

In novembre troviamo questa davvero anomala ondata di caldo simil-estiva, recentissima: novembre 2015 (10 novembre 2015).

Potrebbe essere stata, sempre relativamente alla temperatura ad 850 hpa, la scaldata novembrina più intensa degli ultimi 180 anni.
In ottobre troviamo una forte ondata di calore ad inizio mese nel 1919 (1 ottobre 1919).

Una lingua africana caldissima, con una +22°c ad 850 hpa. Potrebbe aver fatto al suolo temperature elevatissime fino a 30-33 gradi. Anche in questo caso qualche altra ondata di calore potrebbe esserci sfuggita ma questa è comunque nel podio delle più intense degli ultimi 180 anni!
Per settembre troviamo un’ ondata di cado africana fuori scala: (18 settembre 1975)

Un’ondata di calore di rara potenza anche fosse stato a cavallo tra luglio ed agosto e per effetti al suolo anche una delle ondate di calore africane più forti che si ricordi! Infatti le cronache di quei giorni parlano di temperature oltre 37-38 gradi centigradi.
Passiamo alle ondate di caldo invernali: ne mettiamo una, probabilmente la più significativa degli ultimi 180 anni
(6 febbraio 1869)

Si tratta di un’avvezione davvero importante, una +12°c  fino alle nostre zone per di più con un anticiclone molto forte, su valori estivi e venti dai quadranti orientali che potrebbero aver prodotto effetti favonici sul lato tirrenico!
Gli effetti al suolo sono in realtà difficili da immaginare, infatti solo una decina di giorni prima un’ondata di gelo con probabili giornate di ghiaccio in collina aveva interessato le nostre zone. L’aumento termico a 850 hpa nel giro di 10 giorni è stato spaventoso, dell’ordine dei 25-30 gradi! Essendo stata un’ondata di gelo prevalentemente secca quella precedente a questa onda calda, è però anche probabile che il freddo se ne sia andato facilmente, potrebbe aver resistito solo nelle piane con inversioni termiche. Nelle zone soggette ad effetto favonico potrebbe aver fatto temperature tipiche di maggio! Neanche nel più caldo inverno 1989/1990 è stata raggiunte una tale isoterma in quota. A giudicare dalle carte si direbbe che questa sia l’ondata di caldo invernale più intensa degli ultimi 180 anni.
Ecco un’altra importante avvezione di caldo invernale, stavolta a dicembre (18 dicembre 1971).

Di nuovo con una +12°c abbondante sulle nostre zone con robusto anticiclone. Anche qui potrebbe essere stato fatto 20°c in collina, che rappresenta un valore rarissimo per dicembre!
Passiamo alle anomalie primaverili. Per le ondate di freddo emergono cose molto interessanti

Inizio di marzo del 1949 (4 marzo 1949)

Un’ondata di gelo fortissima in relazione al periodo, una -14°c infatti è entrata sulle nostre zone seppur solo sfiorando la provincia di Roma. Si tratta sicuramente dell’ondata di gelo più intensa in primavera di questi 180 anni in queste reanalisi. Un’ondata di gelo che per di più risulta eccezionale anche per il periodo invernale rispetto ai nostri ultimi 30 anni, che è quello su cui ci basiamo per giudicare l’importanza degli eventi estremi. Carte davvero incredibili, delle giornate di ghiaccio saranno state possibili nei settori nord del nostro territorio, forse fino alla pianura.

Un po’ a sorpresa, andando avanti con la visione delle reanalisi, è emerso che nel passato aprile non era un mese poi eccessivamente freddo. Molto spesso dal sapore invernale specie nella sua prima metà, però gli ultimi freddi invernali arrivavano col maltempo, quindi un clima invernale umido. Isoterme frequenti nell’800 potevano essere una 0/-2°c a 850 hpa che con maltempo portano giornate pienamente invernali ma non rigide, se non in qualche caso in cui la quota neve è riuscita a spingersi a quote di collina o pianura. Andando avanti, negli anni ’50 le primavere si sono fatte piuttosto rigide a tratti. Nel ’56 troviamo una delle più forti ondate di freddo apriline, l’8 aprile del ’56. Un’irruzione di freddo invernale in piena regola! è entrata una -7°c a 850 hpa sulle nostre zone, le massime potrebbero essersi fermate sui 5-8°c gradi in collina in condizioni di cielo sereno, sotto i colpi della forte tramontana. Ecco le carte di quei giorni:

(8 aprile 1956)

Ma non è quello del ’56 l’episodio aprilino più significativo degli ultimi 180 anni. Sorpresa delle sorprese, aprile 2003 riscrive la storia degli ultimi 180 anni a pari merito!
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Un’ ondata di freddo assolutamente incredibile per il periodo!
Per il mese di maggio, svariate sono state le volte in cui è entrata un’isoterma invernale come la 0 nel passato. La più recente a maggio 2019. Il freddo più intenso però lo si è avuto negli anni ’50, ecco l’episodio più significativo: 7 maggio 1957.

E’ il 7 maggio del 1957 quando una 0/-1°c invade tutto il nostro territorio, e la -2°c si avvicina all’Umbria, con valori di pressione anche particolarmente bassi. Un’articata in piena regola! Si tratta dell’ondata di freddo maggiolina più intensa, per i valori ad 850 hpa, di tutta la serie storica qui considerata, dal 1836. In quegli anni si parla di gelate diffuse a maggio che hanno devastato i raccolti e persino nevicate a bassa quota sulle zone interne!
Per quanto riguarda le ondate di calore primaverili, a marzo non si trova nulla di importante, nè ad aprile. Maggio invece ha avuto molto da dire a tal proposito nel passato, specie nell’800 era un mese piuttosto caldo con temperature che potevano raggiungere i 30 gradi centigradi diffusamente. Qua riproponiamo solo la più intensa trovata in questi 180 anni: maggio 1945 (14 maggio 1945)

Oltre che record per isoterme ad 850 hpa, questo anticiclone è talmente ben saldo sull’Italia che le temperature potrebbero essere salite ben oltre i 30°c diffusamente! Non si possono escludere valori fino a 33-34 gradi celsius, che nelle nostre zone per maggio sono valori altissimi!
Passiamo ora alle ondate fredde estive. Ve ne sono state parecchie di intensità simile nel passato, quindi individuare la più forte anche in questo caso risulta difficile. Segnaliamo le seguenti:
Per giugno, merita di essere segnalata questa passata di freddo: 9 giugno 1841

Siamo al 9 di giugno, facevano 3 gradi  a 850 hpa. Per dare un’idea di cosa si nasconde dietro questo evento, probabilmente alle quote cimine (sopra gli 800 metri nei versanti nord) c’erano meno di 10 gradi con vento di tramontana. Quasi come in inverno!
Segnaliamo per luglio l’ondata di freddo fra le più intense mai trovate in questi 180 anni: 6 luglio 1948.

Siamo alla fine della prima settimana di luglio, sulla maremma viterbese entra una +3°c a 850 hpa. Sull’Amiata una giornata pienamente invernale nel cuore dell’estate! E’ semplicemente incredibile tale temperatura, pensate che con una carta del genere sulla vetta della montagna la temperatura potrebbe essersi avvicinata agli 0 gradi.

Abbiamo terminato qua con questo approfondimento storico climatico dal 1836 ad oggi, che ha saputo stupirci tra ondate di gelo spaventose e temperature fuori stagione davvero incredibili in tutti i periodi dell’anno. Abbiamo toccato con mano una realtà climatica diversa direttamente sulle carte meteo di ogni giorno, questo ci ha permesso di fare confronti con il recente passato e si spera che il racconto della storia climatica sia stato in questo modo più piacevole, divertente, e che, avendo riportato esempi di eventi del passato, il cambiamento climatico sia stato meglio percepito dal lettore nel cambiamento del tempo meteorologico tipico della quotidianità.

Purtroppo alcune delle immagini degli archivi meteociel non sono attualmente disponibili in quanto andate perse dopo l’incendio che recentemente ha danneggiato i server di meteociel, ci auguriamo possano tornare nei prossimi mesi. Ci scusiamo per questo disservizio.