12) Meteorologia dinamica – instabilità baroclina

di Claudio Giulianelli

Villa San Giovanni in Tuscia (VT), 1 Dicembre 2020

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Avevamo lasciato in sospeso una osservazione riguardo questa formula: la vorticità ha due sorgenti. Una, il primo termine del secondo membro, ci dice che le velocità verticali in atmosfera colmano/svuotano cicloni/anticicloni riducendo/aumentando la vorticità (si rimanda all’articolo 7 per questo concetto, già visto)

La variazione di vento con la quota (secondo termine del membro di destra dell’equazione) è sotto gli occhi di tutti i meteoappassionati, infatti guardando quotidianamente le mappe della dinamica atmosferica che si trovano in giro, si trova la sovrapposizione della pressione al livello del mare ed dell’altezza geopotenziale relativo ai 500 hpa. Le linee delle due quote non si sovrappongono il più delle volte
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Ad esempio in questa mappa si nota un vento da nord-ovest sul bordo sinistro del minimo al suolo in basso a sinistra nella carta, mentre ai 500 hpa vi è un vento da sud-ovest (sempre ricordando che il vento geostrofico segue le isobare, come già visto nell’articolo 3).
Su Oslo invece al suolo vi è un vento da sud e a 500 hpa da ovest. Queste situazioni possono dunque portare ad una variazione di vorticità? L’equazione della voticità ci dice che la variazione di vento con la quota ne è un termine sorgente, che può aumentare o diminuire la vorticità. Cercheremo ora di capire come questo sia possibile.

Guardando queste carte, potremmo dire che i due livelli (il suolo e i 500 hpa) hanno un set di equazioni ciascuno che evolvono separatamente per i fatti loro. Vediamo allora un modello baroclino a due livelli, ossia suddivideremo l’atmosfera (sempre parlando della Troposfera) in due strati. INvece di usare per ognuno dei due strati il set delle 4 equazioni quasi geostrofiche, usiamo la sola equazione della vorticità che comunque è la quantità su cui stiamo indagando.

Useremo la vorticità assoluta che ricordiamo essere la somma della relativa e del parametro di Coriolis, in termini quasi geostrofici (avevamo già visto questa approssimazione per il parametro di coriolis f, si rimanda all’articolo 10)
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Qua vediamo una schematizzazione della suddivisione
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H rappresenta il top della nostra atmosfera, il livello 4 il suolo. L’atmosfera la suddivideremo in due strati, uno compreso tra H e il livello 2, l’altro tra il livello 2 e 4 (il suolo). Gli altri due livelli intermedi ci serviranno dopo per fare i conti.
L’equazione della vorticità per l’atmosfera (ricavata nell’articolo 7, col parametro di coriolis approssimato come sopra e abbiamo trascurato il termine di velocità verticale che moltiplica la variazione della vorticità con la quota)
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va ora riscritta per i due livelli. La discretizzazione del problema sulla verticale però ci impone di riscrivere il termine di derivata della velocità verticale in z. Una derivata è il limite del rapporto incrementale tra due quantità, in questo caso questo rapporto sarà, per lo strato superiore,
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e
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per lo strato inferiore. Abbiamo usato come condizioni al bordo che il vento verticale sia nullo al suolo e ad H, cose senz’altro verificate in natura.
Scriviamo dunque l’equazione della vorticità per i due livelli
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In queste equazioni sostituiremo le discretizzazioni fatte all’ultimo termine del primo membro. Se lo si fa ci si accorge subito che queste due equazioni hanno qualcosa in comune, ed è la velocità verticale nel punto di contatto.

Abbiamo già risposto allora ad un dubbio che ci era sorto: la dinamica atmosferica alle varie quote non è totalmente scorrelata, i vari piani solo legati tra loro dalle velocità verticali. Avevamo già trovato questo risultato, si rimanda all’articolo 9.

Cerchiamo ora di riscrivere le velocità verticali al livello 2 in funzione di altre quantità, sempre usando il set di equazioni quasi geostrofiche ricavato nell’articolo 10. Vogliamo infatti far emergere un altro contributo alla vorticità assoluta da questo termine dell’equazione (l’ultimo a sinistra dell’uguale), se infatti sappiamo che in un fluido in generale la variazione di vento con la quota produce vorticità (equazione scritta ad inizio articolo), possiamo aspettarci che essendo questo termine quello che mette in relazione i due strati, nasconderà anche l’informazione sulla produzione di vorticità ad opera della differenza di vento tra di essi. I conti che verranno di per se sono semplici, a complicarne l’aspetto sarà il gran numero di costanti che ci porteremo dietro nel conto.

Nelle quasi geostrofiche notiamo che dalla condizione di vento termico otteniamo la theta per il livello 2, quello di contatto
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Nei passaggi sopra abbiamo naturalmente discretizzato anche la differenza delle linee di flusso tra i due strati. Si ricorda che l’equazione sopra usata è quella del vento termico come riscritta nel set di equazioni quasi geostrofiche , nel primo passaggio siamo passati da derivata in pressione a derivata in z (e si noti il fatto che stiamo usando il vento termico per arrivare a legare i due strati di atmosfera, che quindi è il fulcro di tutta la dimostrazione. Stiamo dicendo che la variazione di vento tra i due strati è legata alla temperatura dello strato intermedio. Per la discussione del vento termico si rimanda all’articolo 4)
Mettiamo la theta del livello 2 nell’equazione del calore (nell’equazione sottostante, il pezzo d(delta psi)/d(delta z) nel primo termine, si ricorda essere una d/dt (delta psi/delta z))
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da cui ricaviamo w(2)
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che andiamo a mettere nelle due equazioni della vorticità per quella dello strato superiore (da qui in avanti cercheremo l’equazione per lo strato superiore, per quello inferiore il procedimento è del tutto analogo), otteniamo
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Dove abbiamo definito d alla seconda come
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Vorremmo ora raccogliere i termini di derivata temporale ed avvettiva. Il vento geostrofico del livello di contatto tra i due strati, Vg(2), sarà anch’esso uguale per entrambi gli strati che in linea di principio hanno venti diversi. Facciamone una stima un po’ brutale, diremo che Vg(2)= (Vg(1)+Vg(3))/2. Questo vuol dire in qualche modo che i venti dei due strati interagiscono tra loro! Abbiamo dunque
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usando il fatto che le velocità sono ortogonali ai gradienti delle linee di flusso (si pensi al vento geostrofico, ricordando sempre che il vento segue le isobare), e le seguenti relazioni
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Andiamo a scrivere esplicitamente i prodotti scalari nell’ultima parentesi dell’equazione e usiamo poi le considerazioni appena fatte.
Possiamo poi raggruppare i termini di derivata temporale ed avvettiva ed otteniamo la seguente espressione per la vorticità nel livello 1 (e sotto aggiungiamo anche quella per lo strato inferiore di atmosfera).
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Siamo riusciti a mettere la differenza delle linee di flusso tra le due quote nei termini di derivata temporale ed avvettiva assime alla vorticità relativa e alla correzione beta*y del parametro di Coriolis. Anche la differenza di streamline dunque è sorgente di vorticità!
Quando un minimo al suolo e a 500 hpa sono dislocati, entrambi i minimi tendono ad approfondirsi , la vorticità aumenta. Questo processo ovviamente non può durare infinitamente, ma ha un limite, ossia la vorticità ad un certo punto dovrà smettere di crescere, dunque la differenza delle streamline dovrà portarsi a 0: ne deduciamo che i minimi al suolo e a 500 hpa dovranno accentrarsi.
Tutto questo è ben verificato sulle carte meteo. Quando la dinamica a 500 è dislocata da quella ai 1000 si dice che il sistema è baroclino. Una volta che i minimo sono sovrapposti il sistema si dice barotropico, a tal punto quello che normalmente succede è che la depressione ben strutturata e centrata a tutte le quote nello stesso punto tende a esaurirsi. Il ciclo di vita di una depressione extratropicale è il seguente: il vortice, inizialmente al massimo del dislocamento tra le due quote, è molto instabile in questa situazione, si approfondisce ad entrambe le quote mentre si accentra. Nel frattempo l’approfondimento produce un aumento della vorticità e dunque si intensificano le velocità verticali verso l’alto nel centro del vortice che vanno a colmarlo. Nel momento in cui il vortice è accentrato, il sistema è ora stabile e le velocità verticali colmano la bassa pressione portando alla dissoluzione della depressione.
Avevamo visto alle latitudini tropicali che le velocità verticali erano la causa e della messa in rotazione delle nubi negli uragani, a nord invece lo shear è la causa della rotazione delle masse d’aria e le velocità verticali sono la conseguenza (depressioni extratropicali). Uragani e cicloni extratropicali, in un certo senso, sono duali. Per i primi la sorgente di vorticità è data tutta dal primo termine del secondo membro dell’equazione scritta ad inizio articolo, per i secondi è data tutta dal secondo.
Si può formare un tornado a 10 gradi nord di latitudine? La risposta è no, infatti i tornado per potersi formare hanno bisogno che la sorgente di vorticità sia lo shear, che abbiamo detto non essere presente a latitudini tropicali (articolo 11). Lo shear mette infatti in rotazione la cella temporalesca stessa. Uno potrebbe pensare allora che, secondo quanto suggerito dall’equazione della vorticità, i forti moti verticali all’interno dei cumulonembi siano in grado di mettere in rotazione la cella. Anche questo è sbagliato, infatti il temporale tipico delle medie latitudini vive su una scala spaziale molto ridotta, dell’ordine del chilometro, e la nostra trattazione non vale per le piccole scale ma per la circolazione generale dell’atmosfera.

Abbiamo visto che un’atmosfera baroclina vede approfondirsi i minimi di pressione finchè non si sono accentrati, dopo di che comincia a colmarsi. Nella fase di approfondimento la velocità del vento aumenta, la situazione baroclina è instabile e vi è un aumento dell’energia cinetica della massa d’aria rotante. Nei prossimi articoli vedremo questo trasferimento di energia da potenziale a cinetica cosa comporta sulla circolazione generale dell’atmosfera.
Il concetto è del tutto analogo a quello di una pallina che rotola verso valle dalla cima di una collina. Se, inizialmente posta in cima, le date un colpetto, scenderà a valle accelerando. La stessa cosa accade quando le due quote, i 500 hpa e i 1000, cominciano a risentire l’una dell’altra e vi è l’approfondimento della bassa pressione.
Questa instabilità, che porta poi alla produzione di energia cinetica, è presente nelle equazioni sopra trovate. Basta porre una piccola perturbazione, ipotizzando che la soluzione delle equazioni sopra, dunque le streamline, siano funzione oscillanti contenenti seni e coseni. In pratica, la partenza delle onde di Rossby, di onde del flusso medio zonale.
Dopo molti conti che tralasceremo, si giunge ad una condizione sulla stabilità del sistema baroclino, in particolare le due quote interagiranno con conseguente approfondimento dei minimi quando si verrà a verificare questa condizione sulla differenza di vento tra le due quote:

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Nota: sopra c’è un errore nella scrittura, la potenza seconda deve stare fuori dalle parentesi, a sinistra della disuguaglianza.

Ricordiamo che il parametro beta veniva fuori dalla scomposizione del parametro di coriolis f=f0+beta*y, mentre K è un numero d’onda e d lo abbiamo definito precedentemente. è interessante notare che l’atmosfera non può essere baroclina quando K è vicino a zero, infatti la differenza critica che deve avere il vento tra le due quote per avere l’instabilità deve essere enorme, matematicamente infinita e quindi fisicamente l’instabilità non può esistere. K piccolo vuol dire che le onde planetarie del flusso zonale hanno una grande lunghezza d’onda, potete immaginare per esempio di guardare una carta dell’emisfero nord e distinguere ad esempio una sola onda (in genere questo accade in stratosfera in condizioni di vortice polare invernale forte , il flusso zonale non è ondulato e vi si trova una cellula anticiclonica che affianca il vortice polare, tale pattern è chiamato pattern ad una onda. In troposfera tale situazione è meno frequente, ma in inverno può capitare e ne vedremo alcuni esempi).
Nel prossimo articolo vedremo, tramite il ciclo dell’energia di lorentz, come queste onde barocline instabili possono, nel loro processo che le porta a stabilizzarsi, influenzare la circolazione generale dell’atmosfera sul lungo periodo.